Abbinare il vino: 5 falsi miti che è tempo di sfatare

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Ultimamente nella Ristorazione che si rispetti,quella poca che in italia è rimasta,noto che in molti hanno ancora le idee confuse. Bene è arrivato il momento di sfatare questo dilemma : Abbinare il vino: 5 falsi miti che è tempo di sfatare

Non giriamoci intorno: il tema degli abbinamenti, nella versione scienza esatta, è uno dei motivi per cui uscire a cena o mangiare a casa di un wine-geek può trasformarsi in un incubo inaudito.
D’altronde, se siete tra quelli che passano 54 minuti a leggere la carta dei vini, frenando le velleità dei commensali ad addentare subito qualcosa, solo per scegliere quello giusto, ecco fatevi (facciamoci) un esame di coscienza. Siamo persone estenuanti, destinate a stare insieme ai propri simili.
Chiunque ha fatto un corso AIS per sommelier sa riconoscere come momento di epico isolamento dal mondo normale quello in cui si presentano i vini degustati e si propongono gli abbinamenti. Tipo hai assaggiato un buon Aglianico ma non sapevi che eri costretto a valorizzarlo con un petto d’anatra marinato al miele con anice stellato e uvetta.
C’è qualcosa però di più estenuante dei peggiori talebanismi dell’accoppiamento: i luoghi comuni di massa su cosa si beve con cosa. Ma anche come (salire di gradazione, prima i bianchi e poi i rossi, ecc…). Elenchiamone e sfatiamone cinque.
Ostriche e champagne.
Abbasta! (cit.). Le ostriche sono drammaticamente difficili da abbinare. Ma si possono domare (come tutti gli alimenti) con il Riesling o con tanto vino francese (Chablis, Sauternes, Muscadet), di certo non con lo Champagne . Lo so fa molto “splendida cornice” o “il binomio perfetto per una cena elegante” ma se in bocca vi pare di gustare la maniglia metallica della vostra porta del bagno probabilmente qualcosa non ha funzionato.
Non è un tecnicismo ma pura reazione chimica: lo zinco delle ostriche e la grande acidità dello Champagne fanno a pugni. E pure le dannate fragole lasciatele perdere.
Pesce chiama forzatamente vino bianco.
È il MUST per eccellenza, quello che vi propina con sicumera anche la suocera astemia o il ventenne che beve solo birra industriale. Ovvio che il bianco ami il pesce ma è un assioma che ha la stessa generalità di “agli esseri umani piace fornicare”. Vogliamo uscire dal seminato? Con un buon rosato o una bollicina è fin troppo facile, proviamo con i rossi.
La parola vietata è tannicità: l’eccessiva astringenza mal predispone anche ai pesci più grassi e saporiti. Ma provate un bel Coregone di acqua dolce con una bottiglia di Schiava del Sud Tirolo o l’anguilla con il Lambrusco. Altrimenti andate in Francia e fatevi una bella zuppa di pesce con un Pinot nero di Borgogna giovane e fresco.
Vino dolce solo con il dessert.
Se ci siamo evoluti dall’immane abitudine di ingurgitare il dessert con lo spumante secco e abbiamo fatto nostro il legame con il vino dolce, siamo pronti anche a passare oltre. OK, se abbiniamo la pasticceria con un bel passito difficilmente sbagliamo, ma avete mai provato con i formaggi?
Tipo un Passito di Pantelleria con dei robusti formaggi stagionati o erborinati. O per essere più scolastici Sauternes e Gorgonzola. Cos’hanno in comune? La muffa.
Abbinare al ristorante
La pizza chiama sempre la birra.
Ma anche no. È un’associazione così automatica che non la mettiamo mai in discussione. Eppure lieviti con lieviti non producono gloria digestiva. Però pizza e birra acida sono davvero da provare.
I gourmet si sono spinti da molto tempo sull’accoppiamento con lo Champagne. Proviamo con un rosato pugliese (da uve Negroamaro) o calabro (da uve Gaglioppo). Rosso si può! Con le avvertenze del pesce: evitare di impattare tannini importanti. La manualistica consiglia pizza margherita e vino Gragnano, io mi asterrei e rilancerei con un Gamay o una Barbera che non abbia fatto affinamento in legno.
La cucina asiatica non vuole il vino.
La sentenza è già demente nella sua formulazione perché associa tutta la gastronomia di un continente all’idea di una cucina grassa, glutammatica, speziata e piccante che in effetti non aiuta l’abbinamento con il vino. Eppure bere al ristorante giapponese fa molto trendy ultimamente, specie Riesling e Sauvignon (ma provate anche con il Fiano o il Soave).
L’importante, se mangiate sushi o sashimi è evitare il passaggio nella soia e nel wasabi che vi carbonizzano le papille gustative. Provate anche la Ribolla gialla con molti antipasti cinesi, come i ravioli di gamberi. Siete all’indiano? Abbinate le specialità vegetariane del sud con il Gewürztraminer o il pollo tandoori con un bel Sangiovese.

Maitre Donato Carra

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1 thoughts on “Abbinare il vino: 5 falsi miti che è tempo di sfatare

  1. Leggende metropolitane e non sfiorano da tempo l’universo enologico, sedimentando convinzioni e falsi miti.
    Per riportare a galla la verità, ripercorriamo alcuni di questi cliché. Quanta verità vi è in essi?

    #1 Vino bianco? Solo per le donne
    Il mondo femminile ha dimostrato nelle ultime decadi un interesse sempre più considerevole per il vino. Sono molte, infatti, le donne che partecipano a corsi per sommelier o che ambiscono a diventare professioniste del settore. Se è errato pensare che per questi palati siano adatti unicamente vini dolci e leggeri, è ugualmente fuorviante credere che non vi siano vini bianchi di carattere e con connotazioni “virili”.

    #2 Il vino invecchiato batte il giovane 1 a 0
    La longevità non è sempre sinonimo di maggior qualità e bontà.
    L’affinamento del vino in bottiglia, o invecchiamento, non implica per forza un maggior pregio: molti vini bianchi, ad esempio, perdono dopo due anni dalla vendemmia le loro migliori qualità. A ciò, poi, si aggiunge un ulteriore fattore di particolare rilevanza: la corretta conservazione, che svolge un ruolo cruciale.

    #3 Più grande è il bicchiere, meglio è
    Questa falso mito nasce con ogni probabilità dallo spazio che il vino chiede per sviluppare l’aroma nel bicchiere. Maggiore è, meglio è. Alcuni bicchieri raggiungono però proporzioni troppo elevate: quando il viso viene inglobato dal vetro, è tempo di ridimensionare il proprio bicchiere.

    #4 Il vino rosso va decantato, sempre e comunque.
    Non tutti i rossi chiedono di essere decantati. Vini che sono stati per molto tempo in posizione orizzontale, bottiglie d’annata oppure che hanno rilasciato sedimenti necessitano di un periodo di ossigenazione. Ma un’ossigenazione eccessiva può anche danneggiare il gusto dei rossi giovani, provocando la perdita di proprietà olfattive.

    #5 Puoi giudicare un vino solo se sei preparato in materia.
    Quando assaggiamo una portata, sia essa un buon primo o un goloso dessert, non necessitiamo di una guida al gusto per sapere se quanto siamo mangiando ci piace oppure no. Lo stesso vale per il vino. Per farsi catturare dal suo aroma e profumo non è necessario possedere attestati. La prima impressione è spesso la migliore.

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